indetto dalla BIBLIOTECA COMUNALE di MALNATE
SCUOLA ELEMENTARE sezione b.2
Quell’antica casa, che sta proprio all’inizio di via Sanvito, con i muri color sabbia chiara e due balconi dalla ringhiera in ferro tutta lavorata, l’abbiamo vista per la prima volta qualche giorno fa mentre giravamo, come tanti esploratori, per il centro storico di Malnate.
La giornata era molto bella, come se ne vedono poche a gennaio; il cielo era di un azzurro intenso, senza una nuvola, e bisogna proprio osservare in su, verso il cielo, per notare qualcosa di particolare in quella casa, ora disabitata, qualcosa che ha colpito la nostra fantasia, che incuriosirà senz’altro (ne siamo sicuri) chiunque passando di lì si fermi a guardare. In riga uno accanto all’altro, ordinati, reggono il tetto dei grossi mascheroni in arenaria. Sono tanti, tutti differenti.
E qui iniziano le nostre domande: chi abitava in quella casa? Come mai quei mascheroni sono lì? Chi li ha costruiti? Forse un artista che viveva una volta a Malnate? E come si chiamava? Nessuno sa darci spiegazioni. Neanche la maestra, neanche la signora che ci accompagna. È un mistero. E allora? Cerchiamo delle risposte nella nostra immaginazione.
Come lo scultore, quello vero e famoso, di cui abbiamo sentito parlare, l’autore di quei mascheroni forse si chiamava Michelangelo …
Ed era un tipo stravagante, come tutti gli artisti. La sua casa era molto signorile, una delle più ricche nella Malnate di un secolo fa. Quei balconi dalle bellissime decorazioni, le inferriate delle finestre, le cornici in arenaria intorno ai portoncini, le eleganti finestrelle del solaio: tutto fa pensare a una famiglia ricca, ma Michelangelo, ormai di mezza età, viveva solo. Passava le sue giornate, e a volte anche le sue serate, rischiarate dal lume a olio, alla ricerca di un’ispirazione per creare, guardando i pezzi di arenaria che in estate si faceva dare dagli spaccapietre delle cave e che poi conservava in un cascinotto, nel cortile dietro la casa. E finalmente qualcosa di straordinario gli accadde.
Era una giornata di neve, dell’inverno 1904, una fredda giornata in cui allo scultore andava tutto per il verso sbagliato: si sentiva inquieto e non riusciva a fare nulla. Di pomeriggio salì in solaio, alla ricerca di cari oggetti dimenticati, e mentre rovistava qua e là, notò, sotto un vecchissimo libro della scuola elementare, pieno di polvere, uno scalpello di ferro ancora in buone condizioni.
- Era del mio bisnonno Peppino! - esclamò Michelangelo- Anche se non era uno scultore lo possedeva comunque. Mi potrà servire.- Detto fatto scese in cucina e lo lasciò lì, sul tavolo. Poi uscì, in giro per le strade di Malnate, a respirare l’aria fine che sapeva di neve. Ma ad un tratto, un colpo di vento troppo freddo lo spaventò e se ne tornò di corsa a casa sua. Si preparò una zuppa calda e si mise a letto. Ci restò fino a sera e infine si addormentò.
Verso mezzanotte si svegliò e dato che non riusciva più a riprendere sonno, si alzò, si vestì, si avvolse nel suo pesante mantello, prese una candela e scese in cortile. Era buio fitto, la neve ricopriva ogni cosa e a Michelangelo piaceva calpestarla come faceva quando era bambino. La neve continuava a scendere e alla debole luce della candela egli ci vedeva appena. Tutto era silenzioso ma proprio mentre stava rientrando sentì delle voci poi un verso di pecora e di ariete. Michelangelo, quasi svenuto dalla paura, vide dei volti apparsi dal nulla, non li distingueva bene ma sentì chiaramente quello che gli dicevano: - Fai quello che ti suggeriamo, Michelangelo: scolpisci, scolpisci le nostre facce! Però forse siamo un po’ brutti, non trovi? Ma tu facci lo stesso questo favore. -
Michelangelo raccolse tutte le sue forze e riuscì a balbettare: - Ma chi siete? Da dove venite?-
E una voce un po’ grossa rispose: - Sai, noi siamo gli abitanti di Malnate di un’epoca passata, lontanissima nel tempo. Vivevamo qui, in questo territorio, dove vivi anche tu ora e dove vivranno tanti altri in futuro.-
- Ma fatevi vedere meglio! Altrimenti come farò a riprodurvi? - esclamò il nostro protagonista.
- Va bene, ci presenteremo davanti a te uno alla volta. -
E così Michelangelo potè osservarli bene.
Si fece avanti per primo il personaggio che aveva appena parlato: aveva baffi e barba lunghi e folti, ondulati; i capelli si univano alla barba e sopra alla testa formavano una specie di turbante da cui usciva, al centro, un ricciolo sulla fronte; i suoi occhi erano un po’ a mandorla, sembrava venire dall’Asia, assomigliava a uno dei Re Magi e la sua espressione era seria e saggia. Forse era stato un capo con molta autorità. Michelangelo si sentì rassicurato.
Poi però apparve un soggetto completamente diverso: sembrava un re perché in testa portava una specie di corona, forse di foglie come quelle degli antichi Romani, ma la sua faccia incuteva paura perché era arrabbiato, irascibile e nella sua bocca si vedevano denti aguzzi; doveva avere un gran brutto carattere.
- Meglio non provocarlo e non chiedergli nulla - pensò Michelangelo.
E anche questa sagoma scomparve nel buio della notte. Ecco un altro viso: non aveva né barba né baffi, poteva essere una donna, era emozionata, agitata e ai lati della bocca portava dei segni, come delle ferite.
Quindi si fecero vedere altri volti: uno con la bocca spalancata dalla meraviglia, un altro stupito e quasi infastidito dalla luce della candela, un altro ancora con gli occhi sbarrati e la fronte corrugata, forse spaventato per l’ambiente diverso in cui si era venuto a trovare, e finalmente venne alla luce una sagoma che come il primo aveva un aspetto serio ma tranquillo, di chi sa tante cose. E così via, una quindicina di persone, gli sfilarono davanti. Certo, al barlume della candela, Michelangelo non le vedeva bene ma poteva capire che erano tutte diverse tra loro e strane rispetto a quelle solite a cui era abituato. Alla fine sentì molta simpatia e quando gli apparve la pecora con un muso quasi umano e degli occhi dolci provò tanta tenerezza.
Dunque udì ancora nel buio le voci di quei personaggi: - Scolpisci le nostre facce, Michelangelo, scolpisci! Così non saremo dimenticati, anche i bambini ci vedranno e da adulti ci racconteranno ai loro figli. -
- Va bene - disse Michelangelo - Mi siete simpatici e vi scolpirò.-
Il nostro scultore salutò a malincuore quei suoi lontani antenati che ora sentiva amici e li ringraziò per l’ispirazione sulle sue prossime sculture. I personaggi scomparvero misteriosamente così come erano arrivati e Michelangelo se ne tornò a dormire.
La mattina seguente venne svegliato dalla luce bianca che entrava dalle imposte ancora chiuse: capì che durante la notte aveva nevicato molto. Aperte le finestre del balcone , che dava sulla via Sanvito, si godette lo spettacolo della neve che copriva la piazzetta vicina, la strada, i cortili e i tetti.
Vestito alla bell’e meglio scese in cucina. E lì scorse un oggetto sul tavolo: era lo scalpello del suo bisnonno. Si ricordò della promessa fatta durante la notte e decise di mettersi subito all’opera. Nel cascinotto prese arenaria, martello e tutto l’occorrente, se li portò in cucina dove accese la stufa piastrellata che stava in mezzo al locale e si mise a realizzare il suo capolavoro.
Nel silenzio della casa, interrotto solo dai forti colpi dello scalpello, incise il primo personaggio che aveva visto e ci volle tutta la giornata. Ma Michelangelo non si accorgeva del passare del tempo. Solo quando fu sera mangiò due o tre fette di pane bianco e bevve un po’ di vino rosso. Il giorno dopo era di nuovo al lavoro. E poi passarono altri giorni e altri ancora e Michelangelo continuava la sua opera.
I suoi conoscenti che non lo vedevano più si chiedevano: - Ma che fine ha fatto il Michelangelo? Dove è andato a finire? Non sarà mica partito?- E qualcuno rispondeva: - Ma no, ha gli scuri aperti e poi si sentono i colpi dello scalpello. C’è, c’è, sarà dietro a lavorare!-
Passò più di un mese, a febbraio la neve si era ormai sciolta, quando un bel giorno i suoi vicini rimasero a bocca aperta: schierati in bella vista, sotto il tetto della nobile casa, c’erano dei grandi mascheroni in arenaria, erano scolpiti benissimo, in ogni dettaglio; nessuno sapeva chi rappresentassero ma tutti ne rimanevano comunque affascinati.
E i Malnatesi che imboccavano la via Sanvito dicevano: - Il Michelangelo l’ha pensata bene: quei mascheroni lì sono proprio belli e la fanno essere ancora di più una casa da signori. –
Anche secondo noi Michelangelo ha avuto un’idea geniale e ringraziamo lui, o chiunque abbia costruito veramente quei mascheroni per la misteriosa casa di via Sanvito, perché ci ha dato l’ispirazione per questo racconto: la sua creatività ha stimolato la nostra.
Anno scolastico 2003/2004 - Autore:classe Terza B della Scuola Elementare di Malnate - 1° classificata!